CRONACHE D'ALTRI TEMPI
PAPA GIRU il prete brigante
di Anna Montella
di Anna Montella
PAPA GIRU il prete brigante
di Anna Montella
di Anna Montella
Crudele bandito o romantico idealista; vittima o carnefice? Chi fu in realtà Ciro Annicchiarico?
Sicuramente, al pari del fenomeno del brigantaggio, egli fu soprattutto il prodotto di un’epoca inquieta e contraddittoria, espressione di profondo malessere sfociato poi in rivolta sociale, politica, religiosa contro gli abusi e i soprusi di una borghesia sempre più ricca, oppressiva e indifferente ai bisogni di un popolo esasperato dalle ingiustizie. Oggi, a quasi duecento anni da quegli eventi la cui impetuosità, come fiume in piena, travolse e recise tante vite, al di là della verità storica o presunta tale, la trasgressiva figura di Papa Giru, il prete-brigante, si identifica come quella dell’eroe "noir" per eccellenza che, varcati i confini della realtà e del Tempo, è diventato leggenda.
Sicuramente, al pari del fenomeno del brigantaggio, egli fu soprattutto il prodotto di un’epoca inquieta e contraddittoria, espressione di profondo malessere sfociato poi in rivolta sociale, politica, religiosa contro gli abusi e i soprusi di una borghesia sempre più ricca, oppressiva e indifferente ai bisogni di un popolo esasperato dalle ingiustizie. Oggi, a quasi duecento anni da quegli eventi la cui impetuosità, come fiume in piena, travolse e recise tante vite, al di là della verità storica o presunta tale, la trasgressiva figura di Papa Giru, il prete-brigante, si identifica come quella dell’eroe "noir" per eccellenza che, varcati i confini della realtà e del Tempo, è diventato leggenda.
Figura dal fascino ambiguo, fu l’indiscusso protagonista delle tragiche vicende che si svolsero in Puglia, nella “Terra delle Grottaglie” nel primo ventennio dell’800 e nel suo duplice, incompatibile ruolo di prete-brigante ha fatto discutere di sè intere generazioni.
Si chiamava Annicchiarico Ciro Nicola e nacque a Grottaglie il 15.12.1775 da Vincenzo e D’Alò Ippazia. Fin dall’infanzia fu destinato al clero e nel 1801, all’età di 26 anni, venne ordinato sacerdote. Uomo di buona cultura fu anche maestro di canto gregoriano nel Capitolo della Collegiata di Grottaglie e "simpatizzante" del movimento giacobino. La sua vita fu stravolta da un tragico quanto oscuro episodio, del resto mai chiarito, avvenuto la sera del 16 luglio 1803 sotto l’arco della Madonna del Lume, quando una figura incappucciata di bianco affrontò e uccise il chierico 21enne Giuseppe Motolese, figlio di ricca e potente famiglia.
Del delitto fu accusato Don Ciro probabilmente perché, oltre ad appartenere ad opposte fazioni politiche, pare che i due si contendessero l’amore della stessa donna, Antonia Zaccaria, detta "la curciola". Di questo delitto egli si dichiarò sempre innocente, ma il padre dell’ucciso, Nicola Motolese, grazie alle sue influenti amicizie lo fece perseguitare con accanimento. Don Ciro si rifugiò nelle masserie del Salento per poi costituirsi quando i suoi fratelli furono arrestati per favoreggiamento. Condannato a 15 anni di esilio, benché gli indizi a suo carico non fossero probanti, riuscì a fuggire travestito da avvocato e si diede alla macchia.
Nel 1806, con l’avvento dei napoleonidi nel regno di Napoli, rientrò a Grottaglie ma i Motolese non si diedero per vinti e nel 1812 il Tribunale di Lecce emise un nuovo mandato di cattura. Con la complicità di una prostituta, tale Antonia Achille, gli fu tesa una imboscata durante la quale i gendarmi uccisero il 24enne Emanuele, fratello di Don Ciro che invece riuscì a fuggire. Incalzato dagli eventi e mosso da vendetta egli organizzò una banda di briganti insieme ad un altro fratello, Salvatore detto "stizza", ed alcuni disertori. Il 20 marzo 1813, presso la cappella di S. Leonardo, uccideva il Motolese padre sequestrando l’altro figlio di questi, Vincenzo, per il cui riscatto gli fu pagata una forte somma.
Per difendere la sua libertà si rese poi colpevole di altri omicidi, ma certamente non di tutti i misfatti che, quale comodo capro espiatorio, gli si vollero addebitare. Intanto nel 1815 i Borboni erano ritornati al potere e "Papa Giru", nel 1816, si diede al brigantaggio politico propugnando le sue vecchie idee giacobine. Benché nel 1817 le varie sette di Terra d’Otranto gli affidassero il compito di organizzare militarmente le truppe insurrezionali della zona, già nell’ombra si tramava alle sue spalle. Gli stessi dirigenti carbonari, avv. Astuti e barone Scazzeri, vendono la sua vita al generale irlandese Richard Church.
Abbandonato da tutti, vaga con la sua banda tra Brindisi, Noci e Grottaglie, intanto imponenti forze vengono impiegate per procedere alla sua cattura che, dopo strenua difesa, avviene presso la masseria "Scasserba" in agro di Grottaglie. Il 7 febbraio 1818 "Papa Giru" si consegna al maggiore Bianchi con la promessa di avere salva la vita e un colloquio chiarificatore con il generale Church, ma entrambe le promesse non vengono mantenute. Condotto nella vicina Francavilla viene fucilato, senza regolare processo, nel pomeriggio dell’8 febbraio 1818.
La sua testa, essiccata e messa in gabbia, rimase esposta sull’orologio della torre nella piazza di Grottaglie fino al maggio del 1819.
Si chiamava Annicchiarico Ciro Nicola e nacque a Grottaglie il 15.12.1775 da Vincenzo e D’Alò Ippazia. Fin dall’infanzia fu destinato al clero e nel 1801, all’età di 26 anni, venne ordinato sacerdote. Uomo di buona cultura fu anche maestro di canto gregoriano nel Capitolo della Collegiata di Grottaglie e "simpatizzante" del movimento giacobino. La sua vita fu stravolta da un tragico quanto oscuro episodio, del resto mai chiarito, avvenuto la sera del 16 luglio 1803 sotto l’arco della Madonna del Lume, quando una figura incappucciata di bianco affrontò e uccise il chierico 21enne Giuseppe Motolese, figlio di ricca e potente famiglia.
Del delitto fu accusato Don Ciro probabilmente perché, oltre ad appartenere ad opposte fazioni politiche, pare che i due si contendessero l’amore della stessa donna, Antonia Zaccaria, detta "la curciola". Di questo delitto egli si dichiarò sempre innocente, ma il padre dell’ucciso, Nicola Motolese, grazie alle sue influenti amicizie lo fece perseguitare con accanimento. Don Ciro si rifugiò nelle masserie del Salento per poi costituirsi quando i suoi fratelli furono arrestati per favoreggiamento. Condannato a 15 anni di esilio, benché gli indizi a suo carico non fossero probanti, riuscì a fuggire travestito da avvocato e si diede alla macchia.
Nel 1806, con l’avvento dei napoleonidi nel regno di Napoli, rientrò a Grottaglie ma i Motolese non si diedero per vinti e nel 1812 il Tribunale di Lecce emise un nuovo mandato di cattura. Con la complicità di una prostituta, tale Antonia Achille, gli fu tesa una imboscata durante la quale i gendarmi uccisero il 24enne Emanuele, fratello di Don Ciro che invece riuscì a fuggire. Incalzato dagli eventi e mosso da vendetta egli organizzò una banda di briganti insieme ad un altro fratello, Salvatore detto "stizza", ed alcuni disertori. Il 20 marzo 1813, presso la cappella di S. Leonardo, uccideva il Motolese padre sequestrando l’altro figlio di questi, Vincenzo, per il cui riscatto gli fu pagata una forte somma.
Per difendere la sua libertà si rese poi colpevole di altri omicidi, ma certamente non di tutti i misfatti che, quale comodo capro espiatorio, gli si vollero addebitare. Intanto nel 1815 i Borboni erano ritornati al potere e "Papa Giru", nel 1816, si diede al brigantaggio politico propugnando le sue vecchie idee giacobine. Benché nel 1817 le varie sette di Terra d’Otranto gli affidassero il compito di organizzare militarmente le truppe insurrezionali della zona, già nell’ombra si tramava alle sue spalle. Gli stessi dirigenti carbonari, avv. Astuti e barone Scazzeri, vendono la sua vita al generale irlandese Richard Church.
Abbandonato da tutti, vaga con la sua banda tra Brindisi, Noci e Grottaglie, intanto imponenti forze vengono impiegate per procedere alla sua cattura che, dopo strenua difesa, avviene presso la masseria "Scasserba" in agro di Grottaglie. Il 7 febbraio 1818 "Papa Giru" si consegna al maggiore Bianchi con la promessa di avere salva la vita e un colloquio chiarificatore con il generale Church, ma entrambe le promesse non vengono mantenute. Condotto nella vicina Francavilla viene fucilato, senza regolare processo, nel pomeriggio dell’8 febbraio 1818.
La sua testa, essiccata e messa in gabbia, rimase esposta sull’orologio della torre nella piazza di Grottaglie fino al maggio del 1819.