SERENÈ…
La radio trasmetterà la canzone che ho pensato per Te… Serenè.... Estratto dal libro di racconti "e guardo il mondo da un oblò" di Anna Montella Helicon Edizioni |
Il tempo è un’illusione.
(Albert Einstein) (1) Le note di quella bellissima canzone dal sapore di altri tempi cullavano il suo dolce far niente di quel pomeriggio estivo in riva al mare. La casa apparteneva alla sua famiglia da generazioni e la peculiarità che la rendeva unica non era l’architettura - che pure era pregevole, così come l’arredamento rimasto immutato negli anni senza inseguire sogni di modernità esasperata - ma il fatto che fosse stata costruita in maniera tale che si potesse accedere alla spiaggia solo ed esclusivamente dalla casa. Per questo era un posto speciale senza altra gente che potesse disturbare la tranquillità dei luoghi. La sabbia finissima e la naturale magia del mare facevano il resto. Abitava lì quasi tutto l’anno con piccoli stacchi durante l’inverno, quando il maltempo rendeva difficile gli spostamenti. Si alzò dalla sdraio ed entrò in casa per prendere un succo di frutta. Il grande specchio all’entrata, appartenuto alla sua bisnonna e che le aveva sempre fatto romanticamente pensare ad una “porta”, una sorta di stargate su altri mondi, invece di riflettere la sua immagine di donna di mezza età, le rimandò l’immagine riflessa di una ragazza sui vent’anni in costume da bagno che faceva le facce buffe nella sua direzione. Le fece l’occhiolino e la ragazza rispose festosa agitando la mano. Un moto di felicità le riempì il cuore e la mente. |
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Non sempre era stato così. C’era stato un tempo che l’apparizione della giovane donna, che si rifletteva nello specchio al suo posto, l’aveva spaventata non poco. Era avvenuto mesi prima, qualche settimana dopo la morte di suo marito. Quarant’anni di vita insieme. Tutto svanito in un momento. Il dolore l’aveva aggredita senza lasciarle margini di rifugio e lei aveva lasciato che la sommergesse. Alcune amiche avevano cercato di portarla via da lì finché non avesse elaborato il lutto, ma lei non aveva voluto saperne di allontanarsi dai luoghi che l’avevano vista felice ed era rimasta. Un pomeriggio ventoso era rientrata in casa con l’intento di dedicarsi alla lettura di un libro quando nello specchio si era materializzata la visione di una ragazza con un cappello a tesa larga che sembrava fissarla. Aveva lanciato un urlo e l’apparizione era scomparsa alla vista restituendole nello specchio la sua immagine rassicurante di donna di mezza età. Si convinse che lo stress della recente perdita le avesse giocato un brutto scherzo e, in un attimo di debolezza, chiese ad una sua amica di dormire da lei quella sera, liberandosi però della sua compagnia già il giorno dopo. Non voleva lasciarsi suggestionare dalle sue paure. Del resto, frugando nella memoria, non era la prima volta che le accadeva una cosa del genere. C’erano state almeno due altre occasioni, nel corso della sua esistenza, che le era capitata una cosa analoga, sempre in quella casa e sempre con quello specchio. Non ci pensava da anni. La prima volta, aveva forse sette anni, dopo la morte prematura della mamma. Era una bambina gracile, con le treccine e gli occhi sperduti. La mamma era tutto il suo mondo ed era morta. Un giorno c’era e il giorno dopo non c’era più. Il papà si era risposato quasi subito con una brava donna, ma non era la mamma. (4)
Il padre le diceva sempre che somigliava tantissimo alla mamma, soprattutto quando metteva quel cappello a tesa larga che le aveva regalato per i suoi vent’anni. Era innamorata a quel tempo, un amore assoluto come solo il primo amore sa essere. Un amore che la rendeva ancora più bella. Lui abitava in città, era un uomo “arrivato” e veniva a trovarla spesso nella casa al mare dove aveva conquistato la fiducia di tutti. Si parlava già di matrimonio quando scoppiò la bomba. Una sera di maggio si presentò a casa loro una donna, con un bambino piccolo in braccio, dicendo che fosse il figlio dell’uomo che Serena di lì a poco avrebbe dovuto sposare. Come in un brutto romanzo d’appendice. Lui lei e i figli di Nessuno che reclamavano, giustamente, il loro posto al sole. L’universo andò in mille pezzi e tutto divenne buio e senza luce come quando anni prima era morta la mamma. E di un vero e proprio lutto si trattò. La morte della fiducia e dell’amore che aveva riposto nella persona sbagliata e questa volta non poteva cercare nelle nuvole ciò che era andato perduto. La ragazza bella e solare tornò ad essere lo sparuto esserino di tanti anni prima, con gli occhi persi nel vuoto. Ascoltava fino allo sfinimento la canzone che aveva costellato i momenti della sua splendida storia d’amore …. Questa piccolissima serenata con un fil di voce si può cantar… e piangeva disperatamente. I suoi erano preoccupati per lei e le proposero più volte una vacanza per allontanarla dai luoghi che l’avevano vista felice, ma lei non volle saperne. Doveva trovare la forza dentro di sé come l’aveva trovata quando, piccola e disperata, aveva dovuto rassegnarsi al fatto che la mamma non fosse nelle nuvole. Chiese ai suoi di lasciarla sola e di trasferirsi nella casa che avevano acquistato in previsione delle sue nozze e, a malincuore, il padre l’accontentò sperando e pregando per la rinascita della sua unica figlia. (6)
specchio, vide la ragazza col cappello e lanciò un urlo. Non era ancora pronta. L’avrebbero aspettata. Giorni dopo la signora col vestito a fiori si avvicinò con una nuova consapevolezza al grande specchio e “vedendole” insieme le guardò entrambe con curiosità mentre un sorriso di comprensione le rischiarava il volto. “… i quanti acquistano una posizione determinata non appena qualcuno o qualcosa interagisce con loro. Non fantasie, dunque, ma concreti postulati scientifici che si esplicano nell’ambito della fisica quantistica.” Le sembrava di risentire la voce del marito mentre registrava le sue lezioni per l’università. Allora la bambina, la giovane donna e lei stessa erano dei “quanti” confluiti nell’adesso perché in un momento particolare della propria esistenza che le rendeva, forse, più ricettive, con la casa come catalizzatore, avevano preso coscienza l’una dell’altra? Troppo difficile per lei. Ciò che importava era l’adesso. E in quell’adesso c’erano tutte e tre. Ieri oggi domani. Passato presente e futuro insieme nel medesimo istante. L’una consolazione dell’altra. Il tempo non esiste. … serenella in questo vento di mare e di pini, nel nostro anno tra la guerra e il duemila… |
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Erano altri tempi e un uomo vedovo con una figlia aveva bisogno di una donna che si prendesse cura di entrambi. Lei passava i pomeriggi assolati sulla spiaggia a guardare le nuvole con la speranza di vedere una nuvola a forma di mamma. Tutti dicevano che era andata in cielo e perciò lei doveva cercarla nelle nuvole. Erano gli anni ‘40 e alla mamma piaceva tanto una canzone: Cosa fanno le ragazze innamorate nelle notti in cui non possono dormir… Lei allora metteva in moto il grammofono con il 33 giri in vinile e poi correva sulla spiaggia a vedere se da una nuvola spuntasse la mamma sentendo la sua canzone preferita. Uno di quei pomeriggi infruttuosi, rientrando in casa sconsolata, nello specchio dell’entrata aveva visto una signora “grande”, come una nonna, con un prendisole a fiori che la guardava pensosa dallo specchio. Ne ebbe paura e corse nel soggiorno a perdifiato. Le accadde altre due volte prima che il papà, messo al corrente, la portasse per un po’ a casa degli zii che abitavano in città, in un posto meno isolato. Una volta rivide la signora “grande” e una seconda volta aveva visto… la mamma. Bella e giovane e con un cappello a tesa larga che sembrava sorriderle dallo specchio. O forse non era proprio la mamma, ma le somigliava così tanto… In seguito, una volta tornata a casa, tenne per sé quelle che il papà definiva sottovoce “le fantasie di Serena”. Non voleva la portassero via di nuovo dagli zii. Le visioni nello specchio erano tornate verso la metà degli anni ‘50. Era cresciuta ed era diventata una bellissima ragazza. La sua gracilità aveva perso le spigolature dell’infanzia e gli occhi grandi e sperduti erano diventati una delle sue migliori attrattive. (5) Quando vide la signora nello specchio non fu sorpresa, si aspettava di rivederla. Le aveva tenuto compagnia tante volte durante la sua infanzia, come le aveva tenuto compagnia la donna che somigliava alla mamma con il cappello a tesa larga. Le fantasie di Serena. Così le chiamava suo padre. Forse aveva mandato via i suoi proprio per questo. Per lasciare campo libero alle sue “fantasie”. Non si aspettava però la bambina con le treccine, così gracile e con gli occhi persi, che la guardava senza vederla mentre armeggiava con un grammofono. Per un attimo ebbe paura di quella bambina così simile alla se stessa che era stata. La donna anziana le dava sicurezza, ma la bambina le provocava una sensazione indefinibile. Nei giorni che seguirono le due figure si alternarono nello specchio in momenti diversi della giornata, ora vedeva l’una ora l’altra ed entrambe parevano non accorgersi di lei. Si chiedeva che fine avesse fatto la donna che somigliava alla mamma con il cappello a tesa larga e quando sarebbe arrivata. Poi una mattina si guardò allo specchio col favoloso cappello ricevuto in regalo per i suoi vent’anni, che faceva capolino dall’appendiabiti alle sue spalle, e comprese. Il giorno successivo le aspettò seduta sulla poltrona di fronte allo specchio. Prima arrivò la bambina con le treccine, in tenuta da mare, con un atteggiamento da finta indifferente della serie “ci sei ma non ti vedo” e lei, a sorpresa, le rivolse la parola: - Vuoi un succo di frutta? - La bambina sgranò gli occhi e si avvicinò esitante allo specchio allungando una mano. Lei le fece cenno di venirle più vicino e la bambina uscì dallo specchio con naturalezza, come se varcasse una soglia qualunque della casa, guardandosi intorno con meraviglia. Era nell’ingresso della sua casa di sempre con la differenza che c’era anche la donna con il cappello. Subito dopo arrivò la signora di mezza età col prendisole a fiori che, guardandosi di sfuggita nel grande - Se non c'è nessun senso - disse il re - ci risparmiamo un mondo di fastidi, perché non abbiamo nessun bisogno di trovarcene uno. Lewis Carroll da “Alice nel Paese delle Meraviglie” |