NOI,
LE RAGAZZE DEL CONVENTO DEI CAPPUCCINI
di Anna Montella
In una nota di Giuseppe Stea,
Scrittore e Storico del Territorio
“Al cuore, Ramon” diceva nel bellissimo film “Per un pugno di dollari” Clint Eastwood a GianMaria Volontè; e il libro di Anna Montella colpisce dritto al cuore. (Giuseppe Stea)
Nel leggere le intense pagine del libro di Anna Montella, in cui vengono riportate alla memoria, singola e collettiva, persone che hanno vissuto nei luoghi descritti dall’Autrice si viene trasportati in quella dimensione mirabilmente descritta nei film “ritorno al futuro”; si materializzano agli occhi del lettore, le persone descritte che hanno avuto un ruolo importante nella costruzione del futuro di quelle che l’Autrice chiama “le ragazze del convento dei cappuccini”.
Una materializzazione che, insieme allo scritto, viene resa possibile da straordinarie foto d’epoca nel loro bianco e nero al confine col color seppia.
Una lettura ed una visione che in me hanno indotto una prima riflessione: cosa resta di quelle persone nei luoghi oggi abbandonati e in molti aspetti vandalizzati?
E’ una riflessione che mi capita di fare anche quando viaggio in treno: guardo i sedili vuoti davanti a me e immagino le persone che hanno viaggiato su quei sedili ora vuoti.
E mi piace pensare che di quelle persone (studenti, emigrati, sposi in viaggio di nozze e tanti altri) qualcosa sia rimasto in quel vagone: una sorta di fantasma delle loro speranze, delle loro angosce, della loro felicità; di quello, insomma, che era, nello spirito e nella mente, loro invisibile compagno di viaggio.
Ecco, la stessa cosa mi vien da pensare leggendo quanto Anna scrive delle persone da lei conosciute nel Convento dei Cappuccini di Grottaglie.
Quelli descritti da Anna balzano, agli occhi del lettore, come luoghi pieni di vita; poi, Anna, quasi in una sorta di contrappunto, ci offre quegli stessi luoghi nello struggente e doloroso abbandono dei giorni nostri.
E’ un sentimento di tristezza che si avverte e che ti si insinua dentro, fino al cuore: come se la vita e la morte ci venissero squadernate davanti ai nostri occhi nel loro intreccio e nella loro crudezza naturali e inevitabili.
Colpisce l’abbandono e la distruzione; perché gli uomini si accaniscono contro i luoghi abbandonati, spogliandoli, trafugando suppellettili e libri, ma anche distruggendoli con una furia insensata e, razionalmente, incomprensibile?
Ed in questi tempi in cui prepotente risorge l’ “homo homini lupus”, mettendo da parte concetti come solidarietà, fratellanza, uguaglianza, vien da pensare che a tale dimensione “umana” si aggiunga anche l’ “homo rebus lupus”. Insomma la cattiveria, la violenza, la prevaricazione come elementi prevalenti nella dimensione umana dei giorni nostri.
Nel libro di Anna si intrecciano continuamente momenti che sono, nello stesso tempo ed in maniera dialettica, suscitatori di tristezza e di gioia.
Come quello, comune a tante e tanti che nelle nostre terre meridionali hanno conosciuto e continuano a conoscere la via dell’emigrazione; “Vivere lontano da casa, dai propri affetti, dai luoghi noti, che sia per scelta o per costrizione, è come vivere un esilio” scrive, da una parte, Anna e poi, dall’altra parte, “eppure i momenti belli non sono mancati” per poi proseguire “Oggi che siamo cresciute e ciascuna ha fatto il proprio percorso di vita accade che la nostalgeia si trasformi in saudade per ciò che è stato”.
Ecco, la vita è anche questo: un susseguirsi di emozioni, sentimenti contrastanti che nel loro fluire formano la personalità ed il vissuto di ciascuno di noi.
“Noi, le ragazze del Convento dei Cappuccini” offre, infine, al lettore un’opportunità straordinaria: chi ha condotto la ricerca storica, puntuale e meticolosa, e chi ha riportato alla memoria, personale e collettiva, momenti di vita vissuta, sono la stessa persona, Anna Montella cioè, e questo rende palpabile una soffusa aria di grande phatos che arriva dritta al cuore del lettore.
“Al cuore, Ramon” diceva nel bellissimo film “Per un pugno di dollari” Clint Eastwood a GianMaria Volontè; e il libro di Anna Montella colpisce dritto al cuore.
LE RAGAZZE DEL CONVENTO DEI CAPPUCCINI
di Anna Montella
In una nota di Giuseppe Stea,
Scrittore e Storico del Territorio
“Al cuore, Ramon” diceva nel bellissimo film “Per un pugno di dollari” Clint Eastwood a GianMaria Volontè; e il libro di Anna Montella colpisce dritto al cuore. (Giuseppe Stea)
Nel leggere le intense pagine del libro di Anna Montella, in cui vengono riportate alla memoria, singola e collettiva, persone che hanno vissuto nei luoghi descritti dall’Autrice si viene trasportati in quella dimensione mirabilmente descritta nei film “ritorno al futuro”; si materializzano agli occhi del lettore, le persone descritte che hanno avuto un ruolo importante nella costruzione del futuro di quelle che l’Autrice chiama “le ragazze del convento dei cappuccini”.
Una materializzazione che, insieme allo scritto, viene resa possibile da straordinarie foto d’epoca nel loro bianco e nero al confine col color seppia.
Una lettura ed una visione che in me hanno indotto una prima riflessione: cosa resta di quelle persone nei luoghi oggi abbandonati e in molti aspetti vandalizzati?
E’ una riflessione che mi capita di fare anche quando viaggio in treno: guardo i sedili vuoti davanti a me e immagino le persone che hanno viaggiato su quei sedili ora vuoti.
E mi piace pensare che di quelle persone (studenti, emigrati, sposi in viaggio di nozze e tanti altri) qualcosa sia rimasto in quel vagone: una sorta di fantasma delle loro speranze, delle loro angosce, della loro felicità; di quello, insomma, che era, nello spirito e nella mente, loro invisibile compagno di viaggio.
Ecco, la stessa cosa mi vien da pensare leggendo quanto Anna scrive delle persone da lei conosciute nel Convento dei Cappuccini di Grottaglie.
Quelli descritti da Anna balzano, agli occhi del lettore, come luoghi pieni di vita; poi, Anna, quasi in una sorta di contrappunto, ci offre quegli stessi luoghi nello struggente e doloroso abbandono dei giorni nostri.
E’ un sentimento di tristezza che si avverte e che ti si insinua dentro, fino al cuore: come se la vita e la morte ci venissero squadernate davanti ai nostri occhi nel loro intreccio e nella loro crudezza naturali e inevitabili.
Colpisce l’abbandono e la distruzione; perché gli uomini si accaniscono contro i luoghi abbandonati, spogliandoli, trafugando suppellettili e libri, ma anche distruggendoli con una furia insensata e, razionalmente, incomprensibile?
Ed in questi tempi in cui prepotente risorge l’ “homo homini lupus”, mettendo da parte concetti come solidarietà, fratellanza, uguaglianza, vien da pensare che a tale dimensione “umana” si aggiunga anche l’ “homo rebus lupus”. Insomma la cattiveria, la violenza, la prevaricazione come elementi prevalenti nella dimensione umana dei giorni nostri.
Nel libro di Anna si intrecciano continuamente momenti che sono, nello stesso tempo ed in maniera dialettica, suscitatori di tristezza e di gioia.
Come quello, comune a tante e tanti che nelle nostre terre meridionali hanno conosciuto e continuano a conoscere la via dell’emigrazione; “Vivere lontano da casa, dai propri affetti, dai luoghi noti, che sia per scelta o per costrizione, è come vivere un esilio” scrive, da una parte, Anna e poi, dall’altra parte, “eppure i momenti belli non sono mancati” per poi proseguire “Oggi che siamo cresciute e ciascuna ha fatto il proprio percorso di vita accade che la nostalgeia si trasformi in saudade per ciò che è stato”.
Ecco, la vita è anche questo: un susseguirsi di emozioni, sentimenti contrastanti che nel loro fluire formano la personalità ed il vissuto di ciascuno di noi.
“Noi, le ragazze del Convento dei Cappuccini” offre, infine, al lettore un’opportunità straordinaria: chi ha condotto la ricerca storica, puntuale e meticolosa, e chi ha riportato alla memoria, personale e collettiva, momenti di vita vissuta, sono la stessa persona, Anna Montella cioè, e questo rende palpabile una soffusa aria di grande phatos che arriva dritta al cuore del lettore.
“Al cuore, Ramon” diceva nel bellissimo film “Per un pugno di dollari” Clint Eastwood a GianMaria Volontè; e il libro di Anna Montella colpisce dritto al cuore.