“E poi vorresti che quel qualcosa accadesse per sconvolgerti la vita…”
Istantanee in agrodolce di un vissuto “al femminile” in cui ogni protagonista “racconta” se stessa e, nello stesso tempo, si riflette in una miriade di immagini speculari. Una donna. Tante donne. Una gita “fuori porta” nel vissuto collettivo conservando il proprio prezioso vissuto personale e la propria identità di individuo libero. Le paure, le speranze, quella voglia di reinventarsi e di rimettersi in discussione e in gioco. Un desiderio prepotente di rinascita e di cogliere al volo l’occasione mancata, anche attraversando il tempo, ripercorrendo a ritroso un allegorico sentiero di “mattoni gialli”. “…Un ultimo sguardo commosso all’arredamento e…chi s’è visto s’è visto” Storie e momenti in apparenza slegati tra loro, ma uniti da un sottile fil rouge e con un comune denominatore: la stagione “di mezzo”. Una strana stagione della vita che va a collocarsi in una dimensione “altra”, una dimensione atemporale, quando non è più estate ma non è ancora autunno e nell’aria si rincorrono, anacronistici, i profumi e i colori di una nuova primavera… La pubblicazione, con prefazione di Josè Van Roy Dalì, è in libreria oltre che sul sito della pensieriparole.it a partire da novembre 2010. “(…) Sovente in bilico tra il fantastico e il surreale, emozioni e memorie che sembravano dimenticate scaturiscono come acqua sorgiva nel deserto dell’incomunicabilità umana attraverso storie che, alternativamente sospese, riescono a farci volare con la fantasia dell’autrice al di sopra dei più alti campanili … (…) ” (Josè Van Roy Dalì) _____________________________________________________ |
SCHEDA DEL LIBRO
PREMESSA La stagione di mezzo NON è un libro di racconti anche se ne utilizza l’impianto narrativo, con la caratterizzazione dei vari personaggi. Donne senza volto, a cui potremmo darne uno nessuno o centomila, che danno vita e corpo ad una stagione di transizione che non è riportata in nessun calendario ma che, tuttavia, scandisce un tempo biologico che appartiene a ciascuno di noi e che, per una serie di fattori caratteriali e culturali, diventa evidente nell’universo femminile più che in quello maschile. La stagione di mezzo, è un libro “matrioska”. Una storia tante storie, una dentro l’altra. Ogni storia si innesta su quella precedente continuando un dialogo interiore, pur cambiando protagonisti e situazioni, in un percorso di crescita individuale che si esperisce attraverso “una gita fuori porta” nel vissuto collettivo. Storie che, contrariamente a quanto siamo abituati a pensare, cominciano non già dal primo racconto ma dalla stessa prima di copertina (un bellissimo emblematico olio su tela del m° Josè Van Roy Dalì, intitolato “l’allusione”), passando attraverso la prefazione (curata dallo stesso m° Josè Van Roy Dalì), le note dell’autore, le poesie che inframmezzano i racconti e perfino attraverso le note iniziali e finali che raccontano anch’esse una storia per chi sa ascoltare, per culminare poi nella immagine quarta di copertina (l’ascesa dei pupazzi a firma di Emilia Calpini) e nella frase citata da “creature di fango”, un inedito della stessa autrice di “La stagione di mezzo”. SCHEDA La raccolta è parte integrante di un percorso di crescita dai 40 anni in poi che l’autrice, attraverso un’analisi introspettiva correlata al mondo che la circonda, compie insieme alle protagoniste dei suoi racconti prendendo in prestito situazioni e personaggi di fantasia a cui assegna, di volta in volta, una identità e un ruolo in un susseguirsi di immagini a tratti reali e a tratti fiabesche avventurandosi su un sentiero di mattoni gialli (l’allegoria del viaggio e della ricerca di se stessi ) alla ricerca del mago di OZ (la magia che ciascuno ha dentro e che ha solo bisogno di essere riscoperta). Le diverse storie, apparentemente slegate tra loro, restano in realtà unite dal comune denominatore delle problematiche correlate a questa stagione “di mezzo” in cui non è più estate ma non è ancora autunno. Una stagione di instabilità emotiva, quasi un regresso ad uno stato adolescenziale che produce profondi cambiamenti a livello fisico e, soprattutto, psicologico scavando un solco invisibile tra il prima e il dopo “gli anta”, a conclusione di un ciclo noto e familiare dai contorni forse poco brillanti, ma rassicuranti e ben definiti, per addentrarsi in una dimensione nuova, piena di incognite dove i vecchi ruoli, divenuti obsoleti, non esistono più ed è necessario reinventarne di nuovi. Un momento delicatissimo nella vita di ogni donna che, spesso, si cerca di esorcizzare fingendo noncuranza o negando il problema. Ma non basta chiudere gli occhi perché i problemi scompaiano. Oggi, più che mai, in un tempo di poche certezze e di situazioni in continua evoluzione, di fronte ad un’aspettativa di vita assai più lunga rispetto a quella delle nostre bisnonne, alla soglia dei 40 anni, una donna che non abbia già un discorso lavorativo in atto, resta esclusa dal mondo produttivo, basti dare un’occhiata agli annunci di lavoro. “Cercasi impiegata di bella presenza (guai a non averla!) 18-35 anni” I figli ormai cresciuti e volati via in cerca di altri lidi come è giusto che sia, la vita di coppia senza lo smalto iniziale, sprofondata in un tran tran di “cosa si mangia oggi?” “hai pagato la bolletta della luce” ecc ecc. Se poi si vive in un ambiente dal retroterra culturale che relega la figura della donna ad occuparsi esclusivamente della famiglia, ci si ritrova a fare i conti con un ruolo che non ha più motivo d’essere perché la famiglia sembra non avere più bisogno di te. Allora di corsa in palestra, dall’estetista, si scorrono i depliants di viaggio, ci si butta nelle opere caritatevoli, ci si iscrive ai corsi per i balli di gruppo che sono di una tristezza infinita. Si ha voglia di vivere, di bruciare il tempo, di recuperare i rimpianti, forse disseminati apposta come le briciole di pollicino, per poter poi tornare a raccoglierli. Una tempesta di insoddisfazione e di malessere sottile che per molte donne si traduce nella ricerca di nuove emozioni, di nuovi spazi, di nuove mete col rischio di bruciare tutto quanto già costruito, per altre nella trasformazione del già esistente adattandolo alle nuove esigenze, abbracciando il cambiamento senza farsene travolgere. In ogni caso si tratta di una ri-nascita. Un nascere di nuovo a dispetto di tutto e tutti, perché nel DNA delle donne c’è qualcosa che le fa rialzare sempre anche quando la caduta sembra rovinosa. Un qualcosa che le unisce, tutte, ad ogni età, al di la delle rivalità ancestrali che rendono ogni donna un universo a se stante, una sorta di isola deserta che si unisce a tutte le altre, fino a formare una penisola, quando c’è bisogno di sostenersi a vicenda. |