Il cattivo dono di Carla Mussi
Nota critica a cura di Anna Montella Ci sono titoli che riescono a raccontare una storia prima ancora di conoscere il contenuto del libro. "Il cattivo dono" di Carla Mussi è uno di questi. Quel termine "cattivo", apparentemente in antitesi con il significato intrinseco che solitamente si associa all'idea del "dono", lo rende per un attimo inquietante, come una favola in cui le fate, escluse dalla festa, si trasformano in streghe ed elargiscono "cattivi doni" ad ignare principesse. La veste grafica, quasi dimessa e poco appariscente del volumetto fa pensare, poi, ad una di quelle pubblicazioni del secolo scorso che restano su uno scaffale polveroso, pazienti, in attesa del lettore giusto che ne scopra la bellezza, imprigionata nel titolo come per una malìa, restandone avvinto e affascinato. E da quel momento... Si innesca la parola/ordigno dell’istante/sentimento di carne/oracolo, mercante./ Ed è con la parola, a volte sarcastica e ironica, altre volte graffiante, quasi aggressiva, che Carla Mussi ci “svela” il segreto di quel “cattivo dono” che ci pone, con immediatezza ed efficacia rappresentativa, di fronte ad una visione del mondo priva degli orpelli insidiosi di un romanticismo spesso infecondo che, edulcorando e smussando gli spigoli del vivere, addormenta le coscienze e impedisce di vedere la realtà oggettiva. (...)architettavo storie/disonoravo il vero/ero la verità./ |