Torneranno a fiorire i melograni, poesia di Marina Cozzolino
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Una poesia che, nella musicalità dei versi, reca il respiro ancestrale di un tempo remoto, dai contorni sfumati. Il canto della vita che si abbandona alla “innocenza della morte” confidando nel risveglio quando “Torneranno a fiorire i melograni e rossi cadranno i petali tra i sassi.”
Una chiusa finale che ci riporta alla simbologia del melograno ponte tra la vita e la morte, come nel mito di Demetra e Persefone, e un richiamo al melograno simbolo di fertilità e di energia vitale come nel mito del piccolo Dioniso, rapito dai Titani per volontà della dea Era, il cui sangue, mescolandosi alla Terra, diede vita all’albero del melograno. Una esistenza già stata e che vuole ancora essere mentre in alto, “bianche cicogne sorvolano gli altipiani”.
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Una poesia che, nella musicalità dei versi, reca il respiro ancestrale di un tempo remoto, dai contorni sfumati. Il canto della vita che si abbandona alla “innocenza della morte” confidando nel risveglio quando “Torneranno a fiorire i melograni e rossi cadranno i petali tra i sassi.”
Una chiusa finale che ci riporta alla simbologia del melograno ponte tra la vita e la morte, come nel mito di Demetra e Persefone, e un richiamo al melograno simbolo di fertilità e di energia vitale come nel mito del piccolo Dioniso, rapito dai Titani per volontà della dea Era, il cui sangue, mescolandosi alla Terra, diede vita all’albero del melograno. Una esistenza già stata e che vuole ancora essere mentre in alto, “bianche cicogne sorvolano gli altipiani”.
Malala è un fiordaliso, poesia di Rodolfo Vettorello
Guarda il video della poesia QUI Il tema trattato nella poesia, seppur lontano dalla nostra idea di quotidiano rappresenta, in ogni caso, una realtà “di tutti i giorni” che può non appartenere geograficamente al mondo occidentale ma si appartiene, certamente, ad una “geografia del cuore” che ci tocca da vicino molto più di quanto saremmo portati a pensare. Nell’epoca degli scambi interculturali è, infatti, impensabile che il grido di Malala possa non giungerci o restare inascoltato. Un grido che rimbalza da un meridiano all’altro, da una latitudine all’altra e che ci raggiunge nelle nostre case attraverso un giornale, un Tg, un programma televisivo entrando di prepotenza nella nostra quotidianità e nella vita di tutti i giorni, annullando le distanze. Malala è una studentessa pakistana che rivendica il suo diritto allo studio, il diritto di conoscere, di sapere. Un diritto che a noi occidentali sembra naturale, ma che tante donne nel resto del mondo devono ancora conquistare. Un tema serio, importante, di grande valenza etica che il poeta affronta con grande delicatezza, evocando immagini di grande suggestione, preziose come solo un fiore sbocciato nel deserto sa essere. E Malala è un fiore. Un fiordaliso. |
Pianeta rosso, racconto di Gioia Granito
guarda il video del racconto QUI Il disastro ambientale di Taranto in un delicato ritratto di bimbo (Andrea, dodici anni, occhi brillanti…) che sogna di esplorare l’universo mentre la sua giovanissima vita si spegne in una camera di ospedale e il cielo si abbassa “di un altro palmo”… In poche drammatiche pennellate, non scevre di una loro dolorosa e intima poesia, l’autrice dipinge con colori vermigli la drammatica realtà socio/sanitaria di una città dal passato glorioso che sta pagando un tributo troppo alto, in termini di vite umane, per un malinteso senso del diritto al lavoro in conflitto ed antitesi con il diritto alla salute. E i bambini sono quelli che pagano il prezzo più alto. Il loro volo è troncato sul nascere, le loro ali appena abbozzate sono appesantite e spezzate dalle sostanze tossiche che un mostro ancestrale vomita dalle sue cento bocche sulla città inerme, ammorbando luoghi, cose, animali e persone, uccidendo il mare e velando lo sguardo e la voglia di vita di un intero Territorio condannato al genocidio ambientale, immolato e crocifisso sull’altare dell’indifferenza e del ricatto occupazionale. |
Tra le nuvole, racconto di Giuseppe Stea
Un breve racconto surreale che offre suggestioni fantastiche, oltre il reale. Un uomo ormai lontano dalla giovinezza, durante un viaggio in Sicilia, si lascia rapire dalle suggestioni di nomi e di volti perduti nel tempo, probabilmente a causa dell'incontro con un vecchio compagno di scuola avvenuto pochi minuti prima di salire in aereo dove, “tra le nuvole”, si appisola per brevi momenti. Un viaggio che avviene in una dimensione onirica tra il sonno e la veglia anche quando il protagonista è sveglio, o pensa di esserlo, e anche dopo essere sceso dall’aereo o pensa di averlo fatto. Chi sono quei ragazzi così simili ai suoi antichi compagni di scuola che lo attirano verso una sorta di boscaglia tenebrosa lasciandolo, stranamente, fuori e al sicuro mentre ad altri in passato pare non sia andata altrettanto bene? Suggestioni e fantasmi evocati dalla sua mente o archetipi dell’ inconscio? “Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai in una selva oscura… ché la diritta via era smarrita.” Quel “signore dai capelli grigi”… riferito al protagonista del racconto, ripetuto più volte, fa pensare quasi ad un mantra il cui scopo sia quello di ricordare al personaggio principale la sua condizione e la sua età. Forse il protagonista, attraverso le suggestioni fantastiche del narrato, manifesta a livello più o meno inconscio il suo timore di smarrirsi nella “selva oscura”, inseguendo i suoi antichi compagni di scuola e quindi il ricordo di una giovinezza che non c’è più? Difficile stabilire nel racconto una netta linea di demarcazione tra ciò che può sembrare e ciò che in effetti potrebbe essere. |
Il viaggio di Vita, racconto di Silvia Vazzana
guarda il trailer del racconto QUI Un racconto “fresco” pieno di metafore affascinanti dal sapore fiabesco per un’autrice che, con l’incanto dei suoi sedici anni, riesce a raccontare una favola che avvince e coinvolge scivolando, leggera, sulle acque di quel fiume chiamato Vita, ripercorrendo le tappe obbligate che ciascuno di noi incontra lungo un percorso quasi mai scevro di ostacoli. Un fiume che diventa di volta in volta torrente impetuoso e culla, rigagnolo serpeggiante e poi cascata, letto accogliente e sponda amica finché… non arriva il momento di sfociare nel Mare, metafora di un Futuro pieno di incognite e privo di certezze, temperato, però, dalla Speranza e dalla luce delle Stelle che sconfiggono le Ombre e le Paure. Brillante riflesso di vita, poesia di Antonella Parisi
Suggestioni oniriche si inseguono lungo l’arco delle stagioni e del Tempo che, condottiero arcano, conduce le umane genti inebriandole del “ricco mosto in dolce ambrosia” e, qual “spuma canuta d’un onda lontana”, muta in candidi fiocchi i caldi colori autunnali lasciando scorrere tra le dita “sottile, fuggevole sabbia” mentre nuovi germogli covano sotto la cenere e il fulgore dell’estate è promessa di nuovi ritorni. Il passato si cristallizza, fulgido, nella piana del ricordo, mentre l’effimero, splendido presente spiega le ali verso le brumose sponde in cui è avvolto quel vago sentore di futuro. |
I fratelli Lunardon, racconto di Lauro Zanchi
Le vicende dei fratelli Lunardon abbracciano un arco di tempo che va dalla 2° guerra mondiale ai giorni nostri, ma lo scenario in cui si muovono le due figure principali - ovvero l’io narrante1 (un giovane soldato di leva del Corpo degli Alpini) e Fausto, uno dei due fratelli protagonisti del racconto - è la tragedia che la notte del 9 ottobre 1963 sconvolse tante esistenze, con un tributo altissimo in termini di vite umane, quando una intera vallata venne spazzata via dalla furia degli elementi e dagli errori degli uomini. Il paese di Longarone, nel Vajont, scomparve quella notte portando con sé quasi duemila vite. Una storia, dunque, che si intreccia con tante altre storie e destini in uno scenario apocalittico che richiama alla mente la Guernica, il famoso dipinto di Picasso, che è un grido di denuncia contro la violenza, la distruzione e la guerra in generale. Una tragedia immane in cui il dramma delle vittime e dei sopravvissuti diventa tutt’uno con il dramma dei soccorritori - non meno devastante dal punto di vista emotivo - accomunati dallo stesso dolore e dallo stesso sgomento di fronte alla morte repentina, improvvisa come “un colpo alla nuca”. Per i soccorritori, all’epoca molti tra loro solo giovani soldati di leva di appena vent’anni, fu come trovarsi d’improvviso all’inferno, catapultati in una trincea di fango e detriti in tempo di pace, a combattere una guerra senza fucili. Armati di una torcia, una lampada a carburo e, sulle spalle, un badile e uno zaino. “Una lucciola che avanza nel pantano, un chiaro che non sa di stelle né di luna”. 1 Nel racconto l’io narrante è l’unico a non avere un nome, quasi ad ipotizzare una volontà dell’autore di ometterne l’identità perché, nell’immaginario |
La ricezione della parola poetica come elemento autonomo (saggio) di Carlo Costanzelli
Nel proporci questo suo pregevole lavoro l'autore ha posto in essere, in primis, una intelligente operazione di strategia comunicativa. Non sempre, anzi, quasi mai, il saggio riesce a raggiungere il grande pubblico perché, per sua natura, è rivolto ad un target selezionato di lettori. Utilizzando, in una sorta di espediente narrativo, un dialogo del film "Il postino" (M.Radford, 1994), che vede protagonisti Pablo Neruda (Philippe Noiret) e l'amatissimo Massimo Troisi nella interpretazione di Ruoppolo, il postino, l'autore riesce ad attualizzare il suo scritto e a colpire in maniera immediata l'immaginario di chi legge, catturandone l'attenzione, più di quanto avrebbe potuto fare il riferimento ad una pellicola d'essai, riservata ad un pubblico di nicchia. In Ruoppolo che recepisce le parole del poeta "sono stanco di essere uomo", e le fa sue a livello emotivo, ciascuno di noi ritrova un po' il se stesso non-poeta che tende ad "appropriarsi" della parola poetica altrui che va ad esprimere un pensiero comune e condivisibile ma di cui, spesso, non conosce la provenienza o l'autore né, il più delle volte, gli interessa conoscerlo. La parola poetica viene, così, recepita "come elemento autonomo" indipendentemente dall'autore i cui versi "si sono guadagnati una sorta di indipendenza ermeneutica, che si manifesta in modo sempre nuovo e differente a seconda di chi, tali versi, li incontra e li fa propri". |
L'indelebile, racconto di Nausica Anerdi
Colpisce in questa giovanissima autrice la scelta di “raccontare” Auschwitz, anziché un giovane amore, un’avventura, un desiderio, un sogno come sarebbe naturale in una età splendida come quella di Nausica Anerdi, studentessa quindicenne in un liceo artistico di Savona. Facendo suo il “dovere della Memoria” lei ha scelto di raccontarci Auschwitz, lasciandoci intuire la grande sensibilità e le potenzialità insite nei giovani della sua generazione a cui troppo spesso il mondo riserva uno sguardo distratto. L’autrice ci racconta Auschwitz con gli occhi di una bimba che ha vissuto l’orrore tra le braccia della mamma. Lo fa con toni surreali, malinconici, ma straordinariamente forti, attraverso le immagini evocate e nella suggestione di una frase appena sussurrata, forse solo pensata, raccontata da quei muri su cui resta indelebile la testimonianza di una sofferenza indicibile … Se Dio esiste dovrà chiedermi perdono… |
La Cena filosofica, racconto di Maria Felicetti
Come trovarsi di notte in un museo e assistere, non visti, alla magia di uno splendido, prezioso affresco del ‘300 che prende vita. Questa la sensazione che si prova nel vedere scorrere il narrato come una pellicola i cui colori, dapprima sfumati, divengono man mano più brillanti e reali, annullando il tempo, quasi fosse cronaca dei nostri giorni. Il sommo Dante, Cavalcanti, Lapo… insieme nella finzione letteraria di una “cena filosofica”, come auspicato nella proiezione in sogno del Sonetto celeberrimo dell’intera produzione dantesca: “Guido, i’ vorrei che tu e Lapo ed io fossimo presi per incantamento e messi in un vasel ch’ad ogni vento per mare andasse al voler vostro e mio…” … con un corollario di personaggi altri, tra profumi, colori, pietanze, ruoli, cerimoniali, ambientazioni che ci riportano ad un’epoca dal fascino antico che abbiamo vissuto soltanto di riflesso, attraverso le parafrasi di scolastica reminiscenza. |
Delicate suggestioni (col cuore in Syria), poesia di Danila Oppio
leggi la poesia QUI Una poesia che, tra suggestioni e incanto, evoca atmosfere da mille e una notte mentre colei che “danza scalza” si muove in una dimensione onirica da cui viene strappata all’improvviso per essere scaraventata nella realtà drammatica che si consuma “lungo le vie di Haleb devastata dalla guerra”, in totale balìa degli eventi che stanno sconvolgendo il paese. La realtà che irrompe prepotente cancellando il sogno, trasformandolo in un incubo, l’impotenza e l’incapacità di sottrarsi ad un destino crudele voluto da altri, i sogni violati, le promesse non mantenute. L’autrice ci racconta tutto questo con la suggestione dei suoi splendidi versi e lo fa con tocco delicato, leggero, in punta di piedi, col pudore e il rispetto che si deve alle grandi tragedie dell’esistere. |
Lavatoi, poesia di Adriana de Carvalho Masi
Leggi la poesia QUI Ora che “le vasche sono vuote/asciutta la fontana” il lavatoio diventa elemento di un multiforme tessuto storico e sociale, preziosa testimonianza di un passato che ci racconta una storia. L’autrice ci offre, così, con i suoi versi diretti e immediati, lo spaccato di un tempo lontano di cui oggi resta soltanto “l’eco sulla carta bianca che non si scrive”. Vero e proprio punto di incontro e di aggregazione al femminile, il lavatoio era uno dei pochi luoghi in cui le donne potevano recarsi non accompagnate perché di loro esclusiva pertinenza e quindi precluso agli uomini. Una ventata di libertà in mezzo a tante restrizioni sociali con i volti arrossati dal freddo o dal caldo a seconda dell’alternarsi delle stagioni e le mani screpolate e rovinate dallo sfregamento dei panni e dall’uso di detergenti aggressivi. Un luogo di fatica, certamente, ma anche un luogo dove si era libere di raccontarsi, di ridere, di cantare, di fare gruppo “In compagnia, il lavoro/ ha il profumo di menta e dell’alloro/la fatica si stempera nel sole.” |